Si tratta della prima parte del numero speciale frutto della Call for papers “Il sistema finanziario italiano alla prova della pandemia: sfide e prospettive per intermediari, mercati e servizi”, editor Giorgio Di Giorgio, professore di Teoria e Politica Monetaria alla Luiss, e Alberto Pozzolo, professore di Economia a Roma Tre.
“Questa volta le banche non sono il problema ma parte della soluzione”, ricordano gli editors, citando Agustin Carstens, Direttore Generale della Banca dei Regolamenti Internazionali (BRI), in una intervista rilasciata al Financial Times in merito alla crisi economica causata dalla pandemia. D’altronde, molti passi in avanti sono stati fatti dall’epoca della Grande crisi finanziaria e – sottolineano Di Giorgio e Pozzolo – durante i primi mesi della crisi pandemica, le banche hanno avuto un ruolo cruciale nel convogliare alle imprese e alle famiglie i fondi prontamente messi a disposizione o garantiti dallo Stato. I prestiti alle famiglie e alle imprese sono aumentati; sono state concordate diffuse e generose moratorie; è stata allungata la durata delle esposizioni. “È difficile immaginare che altri intermediari sarebbero stati altrettanto efficaci nel raggiungere il vasto pubblico di imprese famiglie raggiunto dalle banche”… “Ma senza le riforme decise dopo la Grande crisi finanziaria, in particolare l’aumento dei requisiti patrimoniali, il sistema bancario non avrebbe avuto la solidità necessaria per sopportare l’impatto della drammatica crisi causata dalla pandemia”. Parlano i numeri: il rapporto di capitalizzazione primario (TIER 1 ratio) delle banche italiane era inferiore al 7% nel 2007, ma superiore al 15% alla fine del 2019; le attività rischiose presenti nei bilanci bancari erano pari al 65% del totale degli assets nel 2007, si sono ridotte al 45% a fine 2019-
“Le banche sono in condizione di svolgere una parte importante anche nel percorso di uscita dalla recessione causata dalla pandemia” concludono gli editor e ne danno riscontro i sette saggi contenuti in questa edizione speciale.
Il lavoro di Guido Borgato e Francesco Giovannini descrive ampiamente come gli interventi in emergenza abbiano giustamente riguardato sia misure prudenziali sia il trattamento contabile di poste rilevanti dei bilanci. Per evitare che la soluzione diventi un problema, è quindi cruciale che il ritorno alla normalità sia graduale, ma rigoroso.
Una buona parte dei lavori contenuti in questo volume è dedicata ad analizzare gli effetti degli interventi di politica economica adottati. Lo studio di Francesca Lenoci e Angela Lofaro si propone di determinare l’efficacia degli interventi di politica monetaria della BCE in termini di riduzione della rischiosità percepita sul mercato del credito attraverso lo studio della reazione degli spread nei credit defaul swaps di imprese e società finanziarie. L’analisi empirica degli effetti sui mercati finanziari (azionari e obbligazionari) europei sia di interventi di politica monetaria che fiscale è contenuta nel saggio di Vincenzo Pacelli e Caterina Di Tommaso, che adottano la consolidata metodologia degli event studies. Il lavoro di Riccardo Gabrielli e Giorgio Piccinini analizza invece il ruolo svolto dagli intermediari creditizi nello sconto dei crediti fiscali, una nuova redditizia nicchia di attività innescata dai recenti interventi governativi.
Molte aziende sono state duramente colpite dalla pandemia e ciò determinerà un aumento delle inadempienze probabili” (“unlikely to pay). In questo scenario, sarebbe utile l’incentivazione di un ancor più efficiente mercato secondario dei crediti deteriorati e la formazione qualificata di un elevato numero di esperti che possano gestire le nuove probabili ed elevate situazioni di inadempienza, come argomentato nel contributo di Federico Arcelli, Chiara Gorino e Claudio Torcellan, dedicato alle misure ma anche alle conseguenze dell’adozione del cosiddetto temporary framework da parte delle competenti autorità europee.
Il settore bancario non uscirà di sicuro immutato dal processo di ristrutturazione del sistema economico post-pandemia. Il saggio di Luca Bellardini e Mario Comana analizza il ruolo delle concentrazioni e sottolinea l’importanza di concentrazioni transnazionali piuttosto che meramente dimensionali e domestiche. L’efficacia di queste ultime, oltre una certa dimensione, è infatti dubbia.
Ribilanciare un modello bancario ancora troppo radicato nell’attività creditizia rimane tuttavia una priorità nel nostro paese. L’adozione di nuove tecnologie, ad esempio il machine learning e l’intelligenza artificiale, sia nel credito che nell’asset management, potranno fornire importanti fonti di nuova redditività. Il contributo di Alessandra Gustani si concentra su questa ormai non rinviabile sfida competitiva portata alle banche tradizionali, evidenziando come tuttavia ci siano all’interno di queste ultime competenze e specificità non immediatamente sostituibili.
In conclusione, ricordano Di Giorgio e Pozzolo, “La pandemia ha accelerato una transizione tecnologica e digitale che era già in atto. A breve, ulteriori sforzi di riconversione produttiva saranno necessari per far fronte alle sfide climatiche. È importante che tutti gli attori coinvolti – le imprese, gli investitori, le banche, le autorità di vigilanza e lo Stato – siano all’altezza delle nuove sfide”.
Completano il numero 4-5 due rubriche: “Il Trust la figura del Protector” di Massimo P. Gentili e “L’effetto delle moratorie sul contenimento della rischiosità del credito a famiglie e imprese”, di Antonio Deledda; e due voci di Bankpedia: “Gli ELTIF” di Anna E. Graziano e “Il ruolo delle Big Tech nel sistema dei pagamenti “di Chiara Oldani.